18 e 20 febbraio | Le avventure di Norvy e Chiara

18 febbraio – Il grande guerriero

«L’orrida bestia si stava lanciando su di me per affondare le sue temibili zanne nel mio collo, ma con un abile balzo ho fatto in modo di…»

«NORVY! Smettila con questi racconti menzogneri!» sbottò Dolly. «E vedi di mangiare qualcosa, altrimenti ti ruberò il pranzo!» 

«Io credevo che fossi contenta di sapere che mi sono distinto in battaglia per coraggio e abilità!»

«Certo, ma mi sono scocciata di sentirti ripetere sempre le stesse cose! Mi hai tenuta sveglia tutta la notte per raccontarmi le tue prodezze e mi hai costretta ad ascoltarti per ore! Ora basta!»

«Non apprezzi il valore di un buon racconto!» replicò Norvy, tuffando il muso nel suo piatto.

Una volta finito di pranzare, Chiara si ricordò di un vecchissimo pupazzo che languiva nell’armadio ormai da anni e decise di andare a cercarlo…

Norvy dormì sul divano per almeno tre quarti d’ora e, quando aprì gli occhi, si ritrovò seduto affianco un grosso, pelosissimo, gatto arancione di peluche.

«UMAAAANIII!» gridò, a voce così alta da svegliare anche Dolly. «CHE COS’È QUESTO SCHIFOOOO?!»

«Ah, quello!» rispose Maura, spuntando dalla cucina. «È un vecchio peluche di Chiara! Non è un amore?»

«Amore un corno, è orrendo! Fatelo sparire immediatamente o lo farò a pezzi!»

«Come siamo permalosi! Cosa c’è, ti ricorda troppo il povero Procione?» chiese l’umana, ridacchiando.

«NON OSARE PRONUNCIARE QUEL NOME DAVANTI A ME!»

In quel momento suonò il campanello; Chiara andò ad aprire e si trovò d’innanzi Fausto, il loro vicino.

«Buonasera! Scusa il disturbo, ma volevo ringraziarti per aver messo fine alla lotta tra felidi!»

«Oh, figurati, la colpa è nostra che non avevamo messo la sicura alle finestre… ehm… volevo dire… che non avevamo abbassato la saracinesca!» rispose Chiara.

«Per fortuna Procione è uscito illeso dal combattimento! Valeria e io lo abbiamo ispezionato con cura; nemmeno un graffio! Spero che anche Norvy stia bene!»

In quel momento Norvy iniziò a soffiare, a drizzare i peli e a puntare le zampe, ma Giovanni lo trascinò via prima che desse nell’occhio.

«Non ti preoccupare, è ferito solo nell’orgoglio. Ha qualche ammaccatura, niente che non si possa riparare con una buona dose di leccate».

«Oh, mi fa molto piacere! Credevo non fosse ancora arrivata la stagione in cui i maschi diventano aggressivi, si vede che mi sbagliavo! Sarà meglio non farli incontrare nemmeno per errore! Arrivederci!»

«Sono perfettamente d’accordo! Arrivederci!» 

Chiara chiuse la porta e si scambiò un’occhiata con Dolly, seduta sul divano.

«Altro che guerriero indomito!» ridacchiò la micia. «Norvy le ha prese e basta!»

Quando giunse la sera, Norvy e Dolly si chiusero con la loro umana nello studio. Accanto alla scrivania dove Chiara lavorava durante il giorno, c’era ancora il letto singolo in cui lei aveva dormito durante l’infanzia, tutto costellato di morbidissimi peluche di cui Norvy e Dolly non avevano esitato a impadronirsi.

Tra un sonnellino e l’altro, capitava che venissero svegliati dalle conversazioni di Chiara con chissà quali esseri umani dall’altro capo della connessione, ma nessuno dei due era troppo interessato ai chiacchiericci. Quella sera, però, Dolly era più sveglia del solito, e così le venne voglia di origliare; con un occhio aperto e le orecchie ben tese, si mise a captare la conversazione di Chiara con un misterioso interlocutore.

«La prossima settimana?» disse Chiara, sorridendo sorpresa. «Verrai con il treno? Ma sai che potrebbe anche nevicare?»

«Dolly, che stai facendo?» biascicò Norvy, coprendo le parole dell’umana. 

«Credo che la nostra umana abbia un appuntamento», rispose la micia, sorridendo.

«Dal dentista? Dal parrucchiere? Basta che non sia dal veterinario!» rispose Norvy, chiudendo gli occhi. 

«No, scemo! Non ne sono sicura, perché mi hai interrotto sul più bello, ma credo sia un appuntamento amichevole… o magari romantico!»

«COOOOSA?! La nostra umana?! Ma veramente? Oh no, è terribile!» borbottò Norvy.

«Rilassati! Ti ho già detto che la mia è solo un’ipotesi!»

Norvy si mise a fissare la sua umana, mordendosi il labbro inferiore.

«Lo so che sei preoccupato», disse Dolly. «Ma Chiara è una creatura forte, e nemmeno troppo stupida… se la caverà…»

«Questo lo so… spero solo…»

Spero solo di non vederla soffrire ancora, pensò Norvy, ma preferì non dirlo ad alta voce.

Quando tutti gli umani furono andati a dormire, Norvy si assicurò che anche Dolly fosse profondamente addormentata. Una volta certo di essere l’unico sveglio, chiuse la porta dello studio e quella del corridoio, andò in cucina e si infilò nello stretto passaggio tra il pavimento del terrazzo e la saracinesca. 

Da un po’ di tempo aveva preso l’abitudine di godersi il freddo dell’inverno sul terrazzo della cucina, fissando le stelle e pensando ai fatti suoi, ma quella sera venne distratto da uno strano odore. Norvy si voltò per ricercare la fonte di tale olezzo e finalmente la vide.

Si trattava di Procione, tranquillamente sdraiato sul terrazzo di fronte, intento a leccarsi le zampe e la coda.

«Hiss! Hiss!» iniziò a soffiare Norvy, drizzando i peli della schiena.

Procione girò la testa verso di lui, gli fece la linguaccia e riprese a ignorarlo.

«Hiss! Hiss! Come osi ignorarmi, lestofante? Vieni qui e battiti, se hai il coraggio!»

«Miaaaaooo… Gnaaaao!» rispose Procione.

«L’ultima volta hai barato! Dovresti combattere lealmente!»

«Gnao! Miao, miao, miao

«Come osi rivolgerti a me in questo modo?! Ti trasformerò in uno scendiletto!»

«Miaaaaa-oooo

Norvy era sul punto di balzare sulla ringhiera del terrazzo, pronto ad atterrare su Procione, ma proprio in quell’istante arrivò Dolly, che con un salto placcò Norvy e riuscì ad atterrarlo.

«Lo sapevo!» esclamò la gatta. «Lo sapevo che eri qui fuori a combinare guai!»

«Cosa vuoi? Ho una battaglia da combattere! Lasciami andare!» si lamentò Norvy, cercando di divincolarsi.

«Miaao-oh, miao gnao gnaaa?» si intromise Procione.

«Non ti azzardare a parlarle così!» rispose Norvy, mostrando i denti. 

Norvy si liberò dalla stretta di Dolly, ma fu subito acchiappato da Chiara, che aveva sentito gli schiamazzi ed era corsa per impedire a Norvy di commettere sciocchezze.

Senza mollare la presa, Chiara abbassò completamente la saracinesca e mise la sicura.

«D’ora in poi questa finestra rimarrà chiusa, chiaro?!» disse, fissando Norvy negli occhi.

Il Norvegese non si scompose. Arricciò il naso, alzò la coda e se ne tornò a dormire.

20 febbraio – Norvy fuggiasco

Dlin dlon! Dlin dlon! Dlin dlon! Dlin dlon!

Chiara stava lavorando nello studio, ma un insistente scampanellio la costrinse a uscire per aprire la porta di casa. Nel giro di un attimo si trovò di fronte il suo vicino Fausto, visibilmente a disagio; tra le braccia stringeva Norvy, con il pelo umido e qualche graffio sulle guance. 

«So che ti sembrerà strano, ma… il tuo gatto ha suonato il campanello della porta, ha aspettato che aprissi ed è schizzato dentro come un fulmine per riprendere a lottare con Procione!»

Chiara fissò il suo felide e lo prese in braccio, arrossendo di rabbia fino alla punta delle orecchie.

«Ormai non mi stupisco più di nulla…» sospirò. «Mi dispiace, d’ora in poi lo terremo sigillato in casa! Procione sta bene, vero?»

«Ma sì, lui non si è fatto niente! Io sono preoccupato per Norvy! È tanto agguerrito quanto innocuo, poveretto, non mette mai a segno un colpo! Scusa se te lo restituisco bagnato, ma ho dovuto innaffiare tutti e due con l’acqua fredda per separarli, come l’altra volta».

«Ne approfitterò per fargli il bagno! Grazie per avermelo riportato, farò in modo che non scappi più!»

Non appena Fausto se ne fu andato, Norvy si diresse spontaneamente verso il bagno.

Poco prima di entrare nella vasca, il micio si voltò verso Chiara e disse: «Lo ammetto, in questo scontro non ho usato le unghie, ma sappi che stavolta Procione le ha prese, le ha prese eccome! Gli ho tirato diciannove calci e non l’ho mancato una volta! Domani si risveglierà pieno di lividi!»

«Hai detto stavolta. Quindi ammetti che durante il vostro primo scontro non sei mai riuscito a sfiorarlo?» insinuò Chiara.

«DETTAGLI! DETTAGLI INSIGNIFICANTI! E ORA LAVAMI, CHE PUZZO ANCORA COME PROCIONE!»

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