16 e 17 febbraio – Le avventure di Norvy e Chiara
Il diario di Norvy: 16 febbraio – Il rivale
Caro diario, ai problemi non c’è mai fine! Ero già abbastanza preoccupato per Chiara e per i suoi strani comportamenti… ci mancava solo quell’orribile gatto proprio nell’appartamento qui di fronte! Non posso tollerare che a pochi metri da me viva un essere tanto arancione e repellente! E poi che razza di nome è Procione?!
Costruirò una ghigliottina usando i resti del tavolo da pranzo… anzi, no, quello mi serve per mangiare. Vuol dire che userò la scrivania di Chiara; devo solo trovare una sega elettrica per poterne ricavare i pezzi che mi servono. Ora che ci penso, se riesco a trovare una sega elettrica posso risparmiarmi la fatica di costruire una ghigliottina e decapitare la malevola entità direttamente con quella. Dopodiché, conficcherò la sua testa su una picca e la metterò di fronte all’ingresso come avvertimento per qualunque altro turpe essere che osi avvicinarsi alla mia casa.
Potrei anche limitarmi ad andare da lui e dare il via a una bella scazzottata, come richiede il codice d’onore felino, ma quel tipo è un po’ troppo grosso e rischierei di prenderle. Sarebbe imbarazzante tornare a casa pieno di lividi e graffi… Purtroppo, però, temo che sia l’unico modo ragionevole per affrontarlo, dal momento che in questa casa non ci sono seghe elettriche, né trapani, né pistole, né lanciarazzi. Ho deciso: stanotte lo affronterò e lo sconfiggerò. Non lotto con un mio simile dal tempo in cui vivevo coi miei fratelli, ma sono certo di potercela fare. L’alba mi vedrà vittorioso.
17 febbraio – Una lunga notte
Erano le cinque di mattina. Dolly sonnecchiava accoccolata sul letto di Chiara e tutti e tre gli umani dormivano serenamente. D’improvviso, un miagolio furioso ruppe il silenzio. Chiara, temendo di conoscere la fonte di tali miagolii, aprì gli occhi, prese la vestaglia, corse in salotto e tirò su la saracinesca della finestra: Norvy e Procione se le stavano dando di santa ragione sul terrazzo dell’appartamento di fronte!
«NORVY! Lascialo in pace!» gridò Chiara, ma Norvy fece finta di non sentire e continuò a picchiare Procione con tutte le sue forze.
Chiara uscì per suonare il campanello dei vicini; dopo parecchi scampanellii, venne ad aprire una donna in pigiama, con gli occhi quasi chiusi e i capelli spettinati.
«Scusami Valeria», disse Chiara, «non so come sia successo ma il nostro gatto è sul vostro terrazzo e sta facendo la lotta con Procione!»
«Che cosa?! Sono loro due a miagolare così forte?!» disse la donna, improvvisamente sveglia. «Entra, presto! Dobbiamo separarli!»
La donna schizzò in cucina e aprì la portafinestra: proprio in quel momento, Procione e Norvy si avvinghiarono in un abbraccio letale, pronti a riempirsi di unghiate da un momento all’altro.
«E ora come li allontaniamo?» domandò la donna.
«Riempi una pentola d’acqua fredda, poi ci penserò io!» rispose Chiara.
Norvy e Procione stavano per ricominciare a lottare, ma un getto d’acqua gelida li colse di sorpresa e li distrasse quel tanto che bastò affinché Chiara riuscisse a recuperare Norvy.
Procione finì dritto tra le braccia della sua umana, la quale fu prodiga di ringraziamenti nei confronti di Chiara per aver messo fine a quella battaglia furibonda.
Chiara strinse forte Norvy, scarruffato e soffiante, e lo riportò a casa.
«Cosa ti è saltato in mente?!» gridò Dolly, non appena scorse il coniuge sulla porta. «Mi hai fatto stare in pensiero!»
«Silenzio! Gli ho dato la lezione che si meritava!» rispose Norvy, tentando di liberarsi dalla stretta della sua umana.
«Vediamo un po’ il nostro guerriero…» disse Giovanni, esaminando Norvy. «Hai un graffio sulla guancia, un morso sulla coda, diverse unghiate sulla schiena e stai perdendo sangue da dietro un orecchio. Spero che Procione sia ridotto peggio!»
«Quel coso non si alzerà da letto per una settimana! Ve lo garantisco!» rispose il gatto, gonfiando il petto.
Chiara iniziò a pulire con del disinfettante le ferite di Norvy, il quale, per ignorare il bruciore, prese a glorificare se stesso e il suo valore militare, descrivendo con dovizia la sua magnificenza in battaglia e la regalità mostrata in ogni suo gesto. Era talmente coinvolto dal suo stesso racconto che Dolly e Chiara tornarono a letto quatte quatte e lui nemmeno se ne accorse.
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